I ciclisti sulle strade: vittime ma anche colpevoli

Automobilisti, ciclisti, pedoni, più varie ed eventuali. Le strade sono un casino, diciamocela tutta, e far convivere tutte queste categorie è impresa al limite dell’impossibile. Aggiungiamo che noi ciclisti siamo forse la categoria più esposta, perché dobbiamo condividere gli stessi spazi di auto e moto – i pedoni, almeno, hanno i marciapiedi, che poi mica sempre li usino è un altro discorso – e secondo me quelli più bistrattati dal codice della strada. Anzi, se dovessimo adeguarci al codice, sarebbe impossibile allenarsi. Dovremmo montare luci e campanello sulla bici, usare le piste ciclabili quasi sempre – limite di velocità 30 km/h, nella migliore delle ipotesi. Per come la vedo io, o cambiamo sport, o speriamo che “gli altri” chiudano un occhio e usino un po’ di buon senso.
Pedalare in gruppo
Gli automobilisti non ci amano (eufemismo). Ma hanno proprio tutti i torti? Proviamo a metterci nei panni di chi si trova, su una strada fuori dai centri urbani sulla quale potrebbe andare tranquillamente a 70 km/h, a dover seguire un gruppo di 20, 30, 40 ciclisti che si comportano come in gara, occupano tutta la sede stradale e obbligano tutte le auto a rallentare. Risultato finale: gruppo di ciclisti, seguito da fila di macchine con conducenti sempre più innervositi dalla situazione. Sui social si legge spesso che non è vero quanto sostengono gli automobilisti, ossia che i ciclisti devono procedere in fila indiana. Mi spiace, ma sono balle fiorite! Noi dobbiamo procedere in fila indiana fuori dai centri abitati. L’articolo 182 del codice della strada stabilisce che “I ciclisti devono procedere su unica fila in tutti i casi in cui le condizioni della circolazione lo richiedano e, comunque, mai affiancati in numero superiore a due; quando circolano fuori dai centri abitati devono sempre procedere su unica fila, salvo che uno di essi sia minore di anni dieci e proceda sulla destra dell’altro.” Però, non è nemmeno pensabile che, appena si esce da una centro abitato, ci si metta disciplinatamente in fila come tanti soldatini e così si proceda fino al centro abitato successivo, senza nemmeno un cambio. Credo che, in questo come in molti altri casi, basterebbe scegliere il tratto di strada giusto, con buona visibilità, perché il primo della fila si sposti e lasci la posizione in testa a chi lo segue. Manovra da fare con un po’ di prudenza e in tempi brevi. E gli automobilisti che seguono possono aspettare quei 30 secondi prima di sorpassare. Per me, si chiama civiltà, o almeno buon senso. E tutti possiamo usare le stesse strade senza darci troppo fastidio.
I sorpassi
Il decreto salva ciclisti. Finalmente una norma che ci tutela. La panacea: per sorpassare un ciclista le macchine devono lasciare uno spazio di un metro e mezzo. È una norma in vigore in mezza Europa, ora arriva finalmente anche da noi (si dice). Servirà a tutelarci? Per me, assolutamente no, purtroppo. Perché, come si fa a valutare se tu automobilista mi stai sorpassando lasciando 1,49 metri o 1,51 fra la tua macchina e la mia bici? Succederà semplicemente che l’automobilista che investe un ciclista durante un sorpasso sarà accusato di aver violato anche questa norma. Ma intanto il ciclista per terra ci è già finito. Adesso come funziona, invece? L’art. 148 prescrive, tra l’altro, che “Il conducente che sorpassa un veicolo o altro utente della strada [omissis] deve portarsi sulla sinistra dello stesso, superarlo rapidamente tenendosi da questo ad una adeguata distanza laterale e riportarsi a destra appena possibile, senza creare pericolo o intralcio”. Per me è sostanzialmente la stessa cosa. O no? Ma c’è di più: il 5° comma dello stesso articolo recita: “Quando la larghezza, il profilo o lo stato della carreggiata, tenuto anche conto della densità della circolazione in senso contrario, non consentono di sorpassare facilmente e senza pericolo un veicolo lento [omissis], il conducente di quest’ultimo veicolo deve rallentare e, se necessario, mettersi da parte appena possibile, per lasciar passare i veicoli che seguono”. In altre parole: cari ciclisti, state lontani dalle strade ad alta velocità (e questo è sacrosanto) e preferite le strade secondarie (quindi piccole e strette). Però se dietro c’è una macchina dovete farla passare. Un po’ punitivo. Per come la vedo io, un ciclista è un utente della strada, e se un automobilista percorre una strada stretta deve armarsi di pazienza e aspettare che ci siano le condizioni per effettuare il sorpasso senza pericolo.
Quindi in definitiva, come dobbiamo comportarci? Agevoliamo il sorpasso delle auto non appena è possibile, primo perché è giusto, secondo perché nemmeno a noi conviene avere alle spalle un tizio che si sta innervosendo. Spostiamoci sulla destra della nostra corsia, ma non proprio sul margine, per conservarci un minimo di spazio di manovra se necessario e anche perché spesso lì si trova quell’insidioso brecciolino che può far scivolare. E tutti, ciclisti e automobilisti, ricordiamoci che può bastare un sasso o una buca per deviare leggermente e se non c’è la distanza di sicurezza laterale ci si può fare veramente male.
Le piste ciclabili
Appena possibile, scelgo di pedalare su piste ciclabili, che, contrariamente a quanto si pensa, intorno a Milano sono discretamente diffuse. Perché rinunciare alla sicurezza di spazi concepiti e realizzati apposta per noi ciclisti? Ma c’è un però: non sempre sono in condizioni adeguate. Alcune volte servirebbero Sandokan e i tigrotti della Malesia per aprire la strada dalla fitta boscaglia che ormai ha invaso l’asfalto. Altre volte è l’asfalto stesso a essere in condizioni talmente precarie da rappresentare un pericolo più che una protezione. Bene, in questi casi pedalo sulla strada principale, giusto? Sbagliato! È sempre il codice della strada a proibire questo comportamento, art.182 comma 9: “I velocipedi devono transitare sulle piste loro riservate quando esistono”. Devono. Non c’è possibilità di scelta. Solo che allenarsi con un minimo di efficacia lungo le piste ciclabili nel weekend è impossibile, perché sono frequentate – del tutto legittimamente, sia chiaro – da famiglie in gita o semplicemente a passeggio. Quindi si torna alla strada principale, con la consapevolezza di rischiare la multa. Ho trovato un’unica eccezione, la circolare 19/01/2009 prot. 4135 che si riferisce a “percorsi promiscui pedonali e ciclabili”, cioè un’unica pista destinata a pedoni e ciclisti. In questo caso, precisa la circolare, non si può parlare di pista riservata alla circolazione dei velocipedi e quindi “non sussiste l’obbligo di cui all’art. 182 c. 9 del Codice”, cioè l’obbligo per le biciclette di percorrere la pista ciclabile.
In conclusione, come possiamo comportarci?
La mia impressione è che il nostro codice della strada sia concepito soprattutto in funzione del traffico a motore. Non a caso, risale al 1992: la bicicletta non era ancora considerata un mezzo di trasporto di dignità pari alle auto, la coscienza ecologica e quella “sportiva” non erano sviluppate come ai giorni nostri. Non ci restano quindi molti margini di manovra. Credo che serva molta prudenza, perché se non siamo noi i primi a prendere le precauzioni che ci salvano la pelle non possiamo pensare che lo facciano gli altri, e tanto buonsenso, con la speranza che sia diffuso anche “dall’altra parte” e che gli automobilisti capiscano che possono veramente rovinarci la giornata, quando non la vita (e rovinarla anche a se stessi) per non aver avuto la pazienza di aspettare 30 secondi. Senz’altro, quello che dobbiamo evitare sono le discussioni tra ciclisti e automobilisti: primo, perché non servono a niente, secondo, perché soprattutto noi ciclisti abbiamo solo da rimetterci. Ricordiamoci sempre che anche noi, molto spesso, siamo automobilisti e pedoni, e nemmeno a noi piace perdere tempo a causa di chi non rispetta le regole.
E tu cosa ne pensi? Come ti comporti per minimizzare i rischi nel traffico e hai qualche consiglio da dare? Lascia un commento per farci sapere il tuo pensiero.
Alessandro
Mi chiamo Alessandro aka adsoul. Non sono: un medico sportivo, un biomeccanico, un preparatore atletico. Sono: una persona che ama pedalare, leggere e scrivere. Così ho pensato di unire le tre cose, vado in bici, leggo e scrivo di bici, sperando di aiutare i visitatori di questo sito a godersi ancora di più la meravigliosa compagna a due ruote.

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